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Rita

Rita

Un odore pulito
di panni stesi.
Bianchi.
Profuma di cannella
di alloro,
di zenzero e di vaniglia.

Danza la luce intorno al lampadario
e svela le maioliche
da terra fino al soffitto.

Alì è lì.
Prega.

Altri uomini
in ginocchio
ascoltano
cantano
pregano.

Disegno perfetto sulla tela di un pittore, senza sbavature.

D’improvviso passi rapidi, vivace vocio.
Piedini di corsa, come chiazze di colore sulla tela.
Piccoli corpi attraversano la stanza.
Un bimbo e una bimba.

«Papà» – urlano i bambini

Io guardo attraverso l’obiettivo della macchina fotografica.
Un uomo in ginocchio e due bambini accanto. Non pregano i bambini, giocano. Capriole incuranti del silenzio e delle maioliche. Entrano ed escono dall’inquadratura. La bambina mi vede, capisce. Si mette in posa con le mani sui fianchi. È il nostro momento, tutto è perfetto.
Premo il pulsante.
Ma la pellicola si riavvolge su se stessa.
Con un gesto invito la bambina ad aspettare, apro la borsa, rovisto tra le mille cianfrusaglie, rovescio il contenuto della borsa sul tappeto. Dove l’ho messo? Tasca dei jeans? Destra? No! Sinistra? No! Dietro? No! Tasca della giacca? No. Tasca interna della giacca? Sì Eccolo.
Cambio del rullino.
Sono pronta.
Guardo attraverso l’obiettivo e vedo uno spazio vuoto.
Mi giro verso la porta, l’uomo e i bambini sono sulla soglia.
Alì si volta, sorride e quello mi sembra il sorriso più bello del mondo.
Troppo bello per scattare.

Istanbul. Moschea Nuova Yeni Cami. 1 ottobre 2012.

RITA